Il contesto
La parità, dentro e fuori le mura aziendali, passa anche da qui: dare spazio anche ai padri nei ruoli di cura. Si tratta di un percorso che dura (letteralmente) una vita, ma parte proprio alla nascita dei figli, quando madri e padri si scontrano con una differenza considerevole di diritti, e dove si impostano le prime basi di co-genitorialità.
In Italia infatti oggi i padri hanno a disposizione 10 giorni di congedo di paternità, rispetto ai 5 mesi previsti per le madri. Questo ci posiziona tra gli ultimi in Europa come numero di giorni a disposizione e come differenza di diritti tra genitori.
Nonostante questo i 10 giorni non vengono oggi utilizzati dal 100% degli aventi diritto, e per quanto si osservi da anni un trend migliorativo, gli ultimi dati disponibili non si arriva ancora ai ¾ dei padri che ne usufruiscono.
A questo si aggiunge il dato relativo al congedo parentale, un diritto sulla carta
egualitario tra genitori, che però viene usato nella stragrande maggioranza dei casi (80% ca) dalle donne, e con una durata media di utilizzo significativamente maggiore.
Un recente report di Tortuga è andato ad analizzare alcune realtà aziendali che hanno già iniziato a lavorare su una maggiorazione della paternità, e nonostante i contesti più maturi non è sempre facile raggiungere un tasso di adesione al 100% neanche in questi casi. Le ragioni principali menzionate per la mancata adesione o adesione parziale sono:
Mancata fruizione da parte dei colleghi
Timore di impatto negativo sulla carriera
Sovraccarico di lavoro
In aggiunta le aziende che già hanno mosso qualche passo in questa direzione, andando a colmare parte del gap della normativa nazionale, sono ancora un’eccezione. Tra il 5 e l’8%, se si fa riferimento all’Osservatorio Promama, non oltre il 14% se si vanno a vedere le aziende quotate.
E questo fa sì che (anche) i papà lavoratori in Italia non stiano bene.
Ce l’ha raccontato Cristina Di Loreto, founder di MeFirst, che ha evidenziato a partire dai dati di una loro recente ricerca come oltre il 74% dei padri reclutati coinvolti nella ricerca riporta livelli elevati di distress genitoriale, e solo l'11% si dichiara pienamente soddisfatto del proprio ruolo come padre. I dati mostrano inoltre che molti padri non riescono a bilanciare lavoro e vita privata, probabilmente a causa di un modello culturale che non valorizza appieno il loro contributo nella cura familiare.
Uno studio americano, sempre riportato da Cristina Di Loreto, mostra la forte correlazione tra come viene vissuto il ruolo di padre (Egualitarian, Conflicted e Traditional) e l’occupazione femminile. E vari studi dimostrano i benefici sul benessere familiare, il legame con i figli, la serenità del partner e anche la maggiore apertura per avere altri figli in futuro.
Il confronto
Il tavolo di confronto ha quindi centralizzato la discussione sulle possibili modalità di gestione del congedo di paternità laddove le aziende intervengono per colmare parzialmente il gap normativo, oltre che sulle principali lesson learned.
Il confronto ha visto le testimonianze di alcune aziende, che con modalità e tempistiche diverse hanno iniziato un percorso per dare più spazio e tempo ai padri:
Fater prevede oggi, dopo un percorso durato qualche anno, una maggiorazione del congedo di paternità a 3 mesi, con un tasso di adozione del 100%.
Doctolib prevede delle maggiorazioni per i padri già da qualche anno, ma ha recentemente cambiato l’approccio e oggi mette a disposizione 3 giorni aggiuntivi “obbligatori” ed una maggiorazione economica al 100% del congedo parentale per 3 mesi entro il primo anno.
Italgas ha previsto da pochi mesi una maggiorazione graduale del congedo di paternità, partendo da una settimana aggiuntiva per valutare poi un approccio incrementale.
Le aziende che hanno generosamente condiviso la loro esperienza si trovano in momenti diversi del percorso, ma condividono un obiettivo comune: dare spazio anche ai padri nei ruoli di cura. Le testimonianze raccontate quindi ci raccontano anche le principali lesson learned nelle varie fasi implementative.
L'esperienza di Fater ci viene condivisa da Roberta Di Brigida, Head of Talent COE. Tra i primi punti evidenziati c'è sicuramente che si tratta di un percorso da affrontare gradualmente, non sarebbe infatti corretto pensare che inserendo 3 mesi aggiuntivi da zero questi venissero compresi ed utilizzati, e non andando ad agire in parallelo sulla cultura aziendale, costruendo le condizioni a contorno, il rischio è che diventi una goccia nel mare. Le persone infatti inizialmente spesso potrebbero pensare, più o meno apertamente, “Dov’è la fregatura?” e perché le persone siano serene che una fregatura effettivamente non c’è è necessario mostrarlo con azioni concrete, da parte di tutti ed in particolare da parte del management, anche tramite attività di role modeling. Viene inoltre condiviso che commettere qualche errore di valutazione può capitare, è importante monitorare le dinamiche successive, e se si osserva dai dati che una quota parte della popolazione aziendale non lo sta utilizzando ascoltare le ragioni direttamente delle persone è fondamentale. Ad esempio ci si potrebbe accorgere che i dipendenti che lavorano in produzione temono di ridurre la total compensation non lavorando più su turni, o che i manager temono di perdere il 100% di un cospicuo variabile annuale “fermandosi” per un periodo…
L’esperienza di Doctolib è stata invece condivisa da Lorenzo Aureli, HR Operations e neo-papà che sta a sua volta attualmente usufruendo del congedo parentale.
Lorenzo ha raccontato come l’approccio di Doctolib sia cambiato da qualche mese, se prima prevedeva un periodo di congedo di paternità aggiuntivo oggi si concentra maggiormente su una maggiorazione economica del congedo parentale, altrimenti come abbiamo visto poco utilizzato, come leva per supportare (anche) la paternità. Ad oggi quindi Doctolib prevede 3 giorni aggiuntivi, una spinta gentile per restare a casa serenamente i primi giorni, e poi una maggiorazione del congedo parentale al 100% per 3 mesi, che come è previsto per legge può essere usato in modo flessibile: per periodi consecutivi, giornate e anche a livello orario. Le modalità di utilizzo in azienda sono quindi molto eterogenee, e passano da una modalità di vero e proprio congedo, ad un part time verticale (eg. lavoro da lunedì a mercoledì per x mesi, ad un part time orizzontale (eg. lavoro fino alle 13 per x mesi).
La testimonianza di Doctolib evidenzia anche come una modalità di gestione così flessibile, è importante che venga valutata solo a valle di un percorso che già centralizza e normalizza un ruolo attivo dei padri, altrimenti rischia di scontrarsi con una naturale Fear of missing out delle persone di quello che potrebbe succedere a livello lavorativo in periodi di assenza più o meno prolungata.
L’esperienza di Italgas invece ci racconta come partire: per passi e rimuovendo tutti i possibili ostacoli. Giulia Dalla Nora, DE&I e Wellbeing manager in Italgas, ci racconta la scelta di effettuare un rilascio graduale, e partire dall’analisi dei dati di utilizzo e dai feedback ricevuti per poi incrementare gradualmente ed eventualmente reiterare le modalità di comunicazione. Ci racconta anche come operativamente (a sorpresa) le difficoltà implementative incontrate siano state inferiori alle aspettative, ed i tempi dalla decisione al go live tutto sommato ridotti. Per rimuovere tutte le possibili barriere all’ingresso poi sono stati pensati dei flussi snelli per cui l’iter di richiesta non vede necessaria l’approvazione dei manager per l’utilizzo.
Per cui in tutte le fasi del percorso i temi ricorrenti sono stati:
gradualità nell'implementazione
rimozione di tutte le possibili barriere all'utilizzo, fisiche, culturali, economiche
monitoraggio e reiterazione, imparando dagli errori ed ascoltando i feedback
cultura, comunicazione e role modeling, perché le persone siano serene di poterne usufruire senza conseguenze sul percorso di carriera.
Considerazioni finali
La parità si raggiunge insieme, dando più spazio alle donne nel mercato del lavoro e più spazio agli uomini nei ruoli di cura. È un win-win che porterà benefici a tutti.
Raggiungerla richiede un cambiamento in primis culturale, i congedi di paternità sono una delle leve per spingere e velocizzare questo cambiamento, e plasmare una nuova cultura. Le aziende in questo possono avere un ruolo centrale, andando a colmare parte del gap normativo, e facendosi portavoce del cambiamento iniziando un percorso che possa dare spazio a tutti.
Questo post è tratto da una puntata del format Promama Equilibri: Genitorialità al lavoro. Un meetup di confronto periodico tra aziende ed esperti di settore per trattare alcune delle tematiche chiave perché genitorialità e lavoro possano convivere con successo, oggi e domani.
Grazie a chi ha partecipato, alle aziende: Fater, Italgas, Doctolib, Grenke, Synesthesia, Gruppo Excellence, TWOW.. e agli esperti di settore: Cristina Di Loreto, Taryn Di Ventura, Bruno Arbanassi.
Puoi scaricare la presentazione utilizzata durante il meetup qui: